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Le letture del mese

Padri e Figli di Ivan S. Turgenev (1862) Un romanzo che finisce coi puntini di sospensione, che resta penzoloni insieme ai pensieri del le...

Padri e Figli di Ivan S. Turgenev (1862)
Un romanzo che finisce coi puntini di sospensione, che resta penzoloni insieme ai pensieri del lettore, condannato a sfogliare l’ultima pagina e a restarsene catatonico, nichilista rispetto alla sua stessa esistenza. Questo è “Padri e figli”, capolavoro di Ivan S.Turgenev, uno dei tre grandi romanzieri russi dell’Ottocento, il terzo incomodo: quello destinato a rimanere nell’ombra, ad essere dimenticato dietro le spalle imponenti di Dostoevskij e Tolstoj. Ingiustamente, ci sembra, leggendo il suo amaro affresco della società e della vita familiare russe. Centrale la figura di Bazarov, il “nichilista”, impietoso fustigatore dei valori tradizionali, eroe adamantino nelle sue idee, eppure sempre in bilico fra un presente da incompreso e un futuro rispetto al quale è in anticipo. Uomo nuovo sconfitto dal tempo, perché nella Russia dell’Ottocento, come afferma il ben più mite Arcadij, “un figlio non può giudicare suo padre”.

La casa del sonno di Jonathan Coe (1997)
Nei primi anni ottanta un gruppo di studenti, molti dei quali afflitti da vari disturbi del sonno, vive nell’incorporea Ashdown, cittadina che dodici anni dopo diventerà una clinica sulle malattie del sonno e teatro di inquietanti esperimenti. Il sonno come privazione della vita, metafora dell’appannamento delle coscienze, ma anche riflesso dei desideri e scrigno nelle cui profondità troviamo noi stessi. Coe immerge il lettore in una dimensione onirica in cui i confini delle cose non sono chiari. Non ci sono punti fermi neppure fra i capitoli, che svaporano tra passato e presente. Disorientati, non possiamo che leggere, goderci il sogno, finché i contorni della realtà, lentamente, non ci si svelano. Coe ci regala una lettura che al suo interno unisce la forma e la sostanza del sonno, sospendendo il risveglio fino all’ultima riga.

Norwegian wood di Haruki Murakami (1987)
Per questo romanzo Murakami prende in prestito dai Beatles senza chiedere, non solo il titolo di una loro canzone, ma anche un ritmo, una melodia che parla di vita vera, che trasmette sensazioni fisiche sulla pelle, che genera empatia.  “Norwegian wood” è un libro che sfugge alle definizioni,  probabilmente il più intimo di Murakami. Toru Watanabe, ormai trentenne, ci racconta della sua transizione dalla giovinezza all’età adulta,  condivide la sua storia fatta di perdita, amicizia e amore con la quieta unicità di una pioggerella in un giorno di sole. Accompagnati da una playlist da sogno scendiamo con Toru negli anni 60, incontriamo con lui personaggi che illumineranno pezzi nuovi della sua anima e, spesso, anche della nostra. Perché poter aprire il proprio cuore è una delle  grandi sfide per diventare uomini, ma se lo si fa- come spiega Reiko-“si guarisce”.

La Versione di Barney di Mordecai Richler (1997)
Dal freddo Canada arriva una storia caldissima, riscaldata dall’alcol che fa straparlare e dall’umanità straripante del suo protagonista: Barney Panofsky. Uomo ironico, vizioso e cinico, Barney è un vero e proprio adorabile bastardo. Adorabile per noi che ne apprendiamo le gesta, i tre matrimoni falliti, le bevute, i disastri, la sua “versione” sull’omicidio del suo migliore amico. Il romanzo sgorga in realtà dalla sua accorata autodifesa in relazione alla morte di Boogy. Ma, badate bene, solo rispetto ad essa si autoassolve, per il resto la sua è una disperata e disperante confessione spontanea di tutte le sue “malefatte”. Uno dei libri più divertenti e toccanti degli ultimi anni, “La versione di Barney”, vi conquisterà senza ombra di dubbio. Solo alla fine ognuno di voi sceglierà, invece, se assolvere il vecchio Barney o dichiararlo colpevole, al di là di ogni ragionevole dubbio.  A cura di Fabio Paparella 

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