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Il sole nel cuore di Ursula Vaniglia Orelli

Una di quelle persone che ti sfiorano l'anima con lo sguardo, e ti perdi in quegli occhi verdi, grandi, che ti chiedono di ascoltare, ...

Una di quelle persone che ti sfiorano l'anima con lo sguardo, e ti perdi in quegli occhi verdi, grandi, che ti chiedono di ascoltare, di condividere, di lasciarti emozionare. L'ho fatto, e l'ho intervistata per voi Ursula Vaniglia Orelli. Da grande voleva fare lo scrittore. Scrittore? Sì, al maschile. Proprio come è riportato sulla tomba di Oriana Fallaci. Forse anche lei già da bambina non concepiva nemmeno un mestiere che non fosse il mestiere di scrittore. “Per me la Fallaci è una maestra: una grande donna, una grande testa, una grande giornalista che con le sue parole ha contrastato il potere. Io voglio essere come lei, anche solo un pochino”. E ci è riuscita? Lei lo lascia dire al lettore se il messaggio che porta è valido. "Lo scrittore - ci ricorda - è un mezzo, e le sue parole sono uno strumento. Uno scrittore fa politica sempre. Io faccio politica ogni volta che parlo e ogni volta che scrivo. E la voglio fare politica. Voglio scendere in politica per difendere la dignità delle persone, e non lasciarle in pasto a chi usa le malattie per un tornaconto economico". Ursula non è di destra, ma sarà pronta a schierarsi contro la sinistra se questa sbaglierà. E ha imparato tutto a sue spese: sola al mondo, senza il supporto dei genitori, senza l’aiuto sanitario adeguato, non riesce a perdonare la sua famiglia che permetteva che lei passasse da medico in medico, ogni volta il luminare di turno, come un pacco postale troppo spesso dimenticato al destinatario. Solo Ana per amica, e a volte la veniva a trovare anche Mia. Ana e Mia sono i  vezzeggiativi con cui le ragazze si riferiscono ad anoressia e bulimia, perché queste due patologie diventano le loro migliori amiche e pian piano si ritrovano in una vera e propria filosofia di vita, quasi una religione. La Orelli si scaglia contro “i perbenisti del caxxo” e non si fa remore ad andare contro la sanità, le associazioni, ma soprattutto l'istituzione famiglia. Troppo spesso, infatti, le famiglie non capiscono o fanno finta di non capire, non comprendono e non accettano di avere un figlio malato, quando invece i disturbi del comportamento alimentare sono proprio a matrice familiare.
Ecco perché nasce il suo primo romanzo-verità “Mela amara”, che sarà presentato il 5 luglio presso la Camera e i cui proventi vengono devoluti in beneficenza per essere investiti a supporto dei malati. La protagonista è Chiara che arriva a pesare 22 kg: è con una mela che smette di mangiare e con una mela ricomincia a farlo. Raccontando la sua storia, l’autrice ha voluto denunciare quanta ignoranza ci sia ancora dietro i disturbi del comportamento alimentare, quanta noncuranza, quanta speculazione. “Tutti si mettono su una giostra e girano, come se le persone melate possano essere un fenomeno da baraccone. Non considerano invece la ferita dell’anima, la lacerazione del cuore. L’anoressia è un cuore che si interrompe e ad un certo punto comincia a girare al contrario.
E allora c’è tanto da fare. Per questo motivo Ursula, basagliana convinta, ha fondato “Il sole nel cuore”: una onlus che si occupa di persone con disturbi del comportamento alimentare, affette da malattia degenerative, appartenenti alle categorie svantaggiate; a breve partirà una campagna di sensibilizzazione verso i dca nelle scuole medie, nelle scuole superiori e nelle università, ma il progetto più grande è la creazione di residenze post-ospedaliere a livello regionale: si chiameranno “La casa di Giulia” perché Giulia è il nome di sua figlia e saranno destinate a numerose attività, laboratori teatrali, corsi di formazione (avvalendosi della competenza dello staff del poliambulatorio per i disturbi del comportamento alimentare di Roma) e supporto per l’inserimento lavorativo. E poi dedica il suo tempo libero alle ragazze col cuore interrotto come il suo che sono iscritte al gruppo chiuso di Facebook da lei creato: lei sa benissimo di cosa hanno bisogno: di qualcuno che le aiuti a comprendere che è solo una nuvola quello che ha coperto il sole, che c’è una vita oltre il baratro, che devono rialzarsi. Lei è lì per loro e le ragazze lo apprezzano, la ringraziano per i messaggi di speranza e non vedono l’ora di riuscire a convivere con la loro malattia piuttosto che lasciarsi vincere, proprio come ha fatto lei. Qui possono confrontarsi, condividere i successi, le conquiste che raggiungono giorno dopo giorno. Ed è importantissimo, perché uno dei scogli più duri è proprio la tendenza ad isolarsi, il trarre forza dalla solitudine. E la domanda viene spontanea: ma come fa a confrontarsi con tutto questo dolore? Non ha paura di avere delle ricadute? “Ho paura tutti i giorni, ma l'amore che ho per queste ragazze, i miei angeli li chiamo io, è più forte di tutto”. A. P.

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