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Steve McQueen entra nell’olimpo del cinema

Steve McQueen: regista inglese di origini africane che ha prodotto film interessanti, quest’anno accede all’Olimpo del Cinema, dove solo i...

Steve McQueen: regista inglese di origini africane che ha prodotto film interessanti, quest’anno accede all’Olimpo del Cinema, dove solo i grandi arrivano, perché, in corsa per l’Oscar come Miglior Regista, si aggiudica l’ambita statuetta nella categoria “Miglior Film”.
Il suo ultimo film, 12 Anni Schiavo, è una bella prova: la storia realmente accaduta di un uomo di colore libero che vive negli Usa dell’Ottocento, che per un inganno viene venduto come schiavo. Il protagonista del film, l’attore Chiwetel Ejiofor, candidato anche lui all’Oscar come miglior attore protagonista, è un ottimo interprete: misura i momenti di rabbia e sconforto con quelli di grande umanità. Un inno alla libertà come in effetti tutti e tre i film di questo giovane regista che, a mio parere, affrontano questo stesso tema: la schiavitù dell’uomo e la sua naturale aspirazione alla libertà.

Il suo primo lungometraggio, del 2008, irrompe sulla scena internazionale grazie alla vetrina del Festival di Cannes, dove vince il premio Caméra d'or per la miglior opera prima. Hunger racconta la lotta dei detenuti irlandesi, attivisti politici, nelle carceri inglesi negli anni in cui l’Irlanda lottava per la propria indipendenza dalla Gran Bretagna. Questo film, che rimane forse il suo capolavoro, è ambientato quasi interamente al’interno del carcere e le condizioni di vita disumane dei personaggi sono uno stimolo continuo a porsi la domanda: la libertà può essere pagata a questo prezzo? Perché in effetti il protagonista, un Michael Fassbender eccezionale, lotta per la libertà della sua terra e per ottenerla è disposto a perdere completamente la propria.

Se dunque in questo primo film la schiavitù (del carcere) è imposta dall’alto ma è anche una scelta consapevole, nella seconda pellicola del 2011, la vera lotta è dentro il protagonista stesso. Shame, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, mostra il ritratto di uomo ninfomane, schiavo del sesso. Il protagonista, ancora M. Fassbender, vince la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile, perché in effetti la forza del film è in questo attore che dà al personaggio tutta la gravità della sua condizione: il sesso sostituisce i rapporti umani, tanto che la presenza della sorella del protagonista diventa un ostacolo, invece che un aiuto. Allora è questo ciò che il regista narra sullo schermo: lo schiavo non è solo chi è in catene o in prigione, ma colui che ha perduto prima di tutto la propria dignità.
A cura di Nicole Sannino

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